Il Danno

Qual è il danno risarcibile? Quando è risarcibile? Quali sono i principi che regolano la sua quantificazione? La malattia incurabile esclude il danno?

La Relazione n. 157 della Corte Suprema di Cassazione definisce e approfondisce tali profili. Vediamoli.

 

“… In linea generale, il danno del quale il paziente può chiedere il ristoro al medico dal quale è stato malamente curato non differisce    da quello che qualsiasi altra persona, lesa nella salute per qualsivoglia causa, può domandare al responsabile dell’illecito: esso  si compone del pregiudizio non patrimoniale (inclusivo del danno biologico od alla salute), e del danno patrimoniale, consistente di norma nelle spese di cura e nell’eventuale riduzione della capacità di guadagno.

Sarebbe ovviamente ultroneo in questa sede, dare conto dei princìpi che presiedono all’accertamento ed alla liquidazione del danno non patrimoniale e di quello patrimoniale. Tuttavia è  doveroso ricordare come anche sul piano del danno risarcibile la  giurisprudenza abbia elaborato dei princìpi ad hoc nel campo della responsabilità medica.

Innanzitutto, la circostanza che, dopo l’intervento, il paziente non sia peggiorato rispetto allo stato quo ante, non basta di per sé    ad escludere l’esistenza d’un danno risarcibile. Secondo la Suprema Corte, infatti, “risultato anomalo” dell’intervento che è fonte di responsabilità del chirurgo sussiste non solo in presenza di aggravamento dello stato morboso, o in caso di insorgenza di una nuova patologia, ma anche quando l’esito non abbia prodotto il miglioramento costituente oggetto della prestazione cui il medico - specialista è tenuto. In applicazione di questo principio, la Cassazione ha cassato la sentenza di merito la quale, accertato che un intervento    di setto rinoplastica non aveva migliorato le condizioni del paziente, aveva ciononostante ritenuto la condotta del medico esente da responsabilità (Cass. civ., sez. III, 13-04-2007, n. 8826, in Giur. it., 2008, 63).

In secondo luogo, la circostanza che il paziente fosse comunque

affetto da una malattia grave, od addirittura incurabile, non vale di per sé ad escludere la sussistenza d’un danno risarcibile, nel caso di errore del chirurgo (vuoi per omessa diagnosi, vuoi per imperita esecuzione dell’intervento), quando per effetto di tale errore:

  • il paziente abbia trascorso la parte terminale della sua vita in condizioni peggiori di quelle in cui si sarebbe altrimenti trovato, oppure
  • sia andata perduta dal paziente anche solo la chance di vivere alcune settimane od alcuni mesi in più, rispetto a quelli poi effettivamente vissuti (Cass. 9.2008 n. 23846).

Tuttavia, in tali casi, la liquidazione del danno dovrà pur sempre avvenire tenendo conto del momento in cui il danno (alla salute od alla vita) si sarebbe comunque prodotto naturalmente (Cass.            12.7.1999 n. 7345).

Infine, nella liquidazione del danno alla salute causato da  un               errore del chirurgo, la giurisprudenza ritiene irrilevante ai fini della riduzione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., la circostanza che il paziente abbia rifiutato di sottoporsi ad intervento chirurgico correttivo, al fine di diminuire l’entità del danno, atteso che non può essere configurato alcun obbligo a suo carico di sottoporsi all’intervento stesso e non essendo perciò, quel rifiuto, inquadrabile nell’ipotesi di concorso colposo del creditore, previsto dall’art. 1227 cod. civ. (Cass. 3.2.1990 n. 772; Cass. 5.7.2007 n. 15231; Cass. 10.5.2001 n. 6501)…”.

 

 

Articolo Tratto dalla Relazione n. 157 del 4.09.2012 della Corte Suprema di Cassazione - Ufficio del Massimario e del Ruolo

“LA RESPONSABILITÀ CIVILE E PENALE DEL CHIRURGO
NELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ”

a cura dei Redattori dott. Luigi Cuomo e dott. Marco Rossetti

 

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