Il signor AL, di anni 67, nel marzo 2013 si sottoponeva a controllo endoscopico vescicale presso l’ospedale della sua citta. In anamnesi presentava laparotomia per resezione ileo ciecale e colecistectomia. Dal 2002 era stato sottoposto a periodici controlli endoscopici per un urotelioma vescicale a basso grado di invasività; per tale patologia neoplastica aveva anche completato un ciclo di instillazioni con BCG. Nel corso del controllo endoscopico vescicale del marzo 2013 veniva individuata una recidiva di neoplasia localizzata alla papilla ureterale sinistra; la neoplasia era successivamente resecata, ma l'approfondimento diagnostico con TC addome dimostrava l'interessamento del tratto intramurale dell'uretere. Era proposto l'intervento di resezione dell'uretere terminale e uretero-cisto-neostomia, con accesso laparoscopico e conduzione robot-assistita.
AL veniva quindi sottoposto ad operazione che riusciva sostanzialmente senza complicanze.
Nell'arco della prima giornata postoperatoria numerose erano le annotazioni in diario clinico. A partire dalle 04:30 vengono segnalate algie addominali. Alle 20:00 viene registrata la presenza di febbre e il personale di reparto contatta l'anestesista "per importante contrazione della diuresi ed ipotensione". Questi dispone l'esecuzione di esami ematochimici ed una TC addome. II referto dell'esame pone il sospetto di perforazione intestinale. Alle 02:30 l'anestesista adottava i primi provvedimenti terapeutici per il sostegno del circolo (dopamina). Alle ore 08:00 il paziente veniva sottoposto a intervento laparotomico d’urgenza con successivo trasferimento presso il reparto di Rianimazione dell'ospedale con diagnosi "insufficienza respiratoria in peritonite da perforazione ileale". Durante la degenza vengono posti in essere provvedimenti terapeutici atti a migliorare lo scambio di gas, la funzione renale, la funzione coagulatoria e quella circolatoria.
In sesta giornata dall'intervento, venivano rimossi catetere venoso centrale e catetere vescicale. Alle 17:30 sono annotate la comparsa di algie addominali e la richiesta di eseguire TC che riconosce un diverticolo-sigmoidite.
Il giorno successivo si sottoponeva il paziente a intervento di toeletta del tessuto sottocutaneo a causa della presenza di liponecrosi e perdita di feci dalla ferita chirurgica.
Veniva eseguita TC toracicoaddominale così refertata: "evidenza di raccolta liquida endoperitoneale con aria libera in addome in possibile perforazione digiuno-ileale. Fuoriuscita di liquido enterico dal 1/3 inferiore di ferita laparotomica. Si pone indicazione a nuova laparatomia esplorativa urgente”. Era lavato l'addome, controllata la presenza di eventuali altre soluzioni di continuo, identificato un colon ascendente malacico "...compatibile con possibile forma di malattia infiammatoria cronica intestinale", resecato l'ileo terminale, il colon ascendente ed il terzo prossimale del colon trasverso, vengono confezionate una anastomosi ileo-colica ed una ileo-stomia a canna di fucile di protezione.
Quasi direttamente dalla sala operatoria, AL viene trasferito presso il reparto di terapia intensiva dell'Ospedale con diagnosi di "insufficienza respiratoria, peritonite stercoracea"; in tale reparto rimane ricoverato per venti giorni sino al progressivo miglioramento delle condizioni generali che consentono il suo trasferimento presso la degenza normale. Dimesso, rimane al domicilio per un periodo di tre settimane.
Segue nuovo ricovero per febbricola persistente, correzione di squilibrio idroelettrolitico e insufficienza renale acuta da disidratazione. Viene anche sottoposto a intervento di ricanalizzazione intestinale.
Dopo quindici giorni al proprio domicilio, segue ulteriore ricovero con diagnosi di "Sindrome coronarica acuta, coronaropatia monovascolare con occlusione cronica di coronaria destra, dilatazione dell'aorta ascendente. Squilibrio elettrolitico da disidratazione in sindrome da intestino corto e malassorbimento cronico. Fibrillo-flutter atriale parossistico ipertensione arteriosa." Venivano messe in atto le procedure terapeutiche necessarie per ristabilire l'equilibrio elettrolitico e le procedure diagnostiche per valutare la situazione cardiologica.
Terminata la degenza e persistendo ancora postumi avversi, AL chiedeva l’assistenza e il patrocinio del nostro Studio Legale sottoponendoci il caso e la storia clinica sopra descritta.
Tutta la documentazione medica veniva acquisita dal nostro Studio e sottoposta ai suoi Consulenti che svolgevano una perizia medico legale dalla quale emergeva la responsabilità della struttura sanitaria e dei medici.
Insieme ad AL si decideva quindi di proporre ricorso per Accertamento Tecnico Preventivo ex art. 696 bis c.p.c.
Istruito il procedimento, il Tribunale disponeva Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) che evidenziava come: “nell'intervento di resezione dell'uretere terminale la via di accesso laparoscopica transperitoneale vede un impegno dell'intestino doppio: l'insufflazione della cavita peritoneale con CO2 e la necessita di attraversare la cavita stessa per accedere al retroperitoneo. Vi è, però, che in una cavità peritoneale già aggredita per un intervento laparotomico di resezione ileale, la probabilità di incorrere in complicanze non può che aumentare. Dunque l'indicazione all'intervento di resezione ureterale per neoplasia uroteliale è condivisibile, mentre è opinabile la scelta di eseguire l'intervento con accesso laparoscopico transperitoneale in un paziente già sottoposto prima a intervento di resezione colica. L'anastomosi ileo-ileale, necessaria per risolvere il volvolo, è stata confezionata su tessuto non affetto da problematiche infiammatorie croniche, come dimostrato dal riscontro istologico.
II riconoscimento della soluzione di continuo del tratto addominale, estremamente grave per estensione e potenziale pericolosità quoad vitam, è avvenuta almeno con due giorni di ritardo. Questa indagine iconografica viene richiesta solo quando dalla ferita fuoriesce in elevata quantità materiale enterico. II ritardo ha determinato una espansione della raccolta addominale, quindi al momento della chirurgia molto più estesa con un quadro settico ben più grave. La necessità di mantenere una ileostomia per cinque mesi e la necessita di un ulteriore intervento di ricanalizzazione è da ricondurre non solo alla malattia infiammatoria cronica individuata sul solo tratto colico analizzato, ma soprattutto ai ripetuti distress subiti dalle strutture intestinali, alle numerose resezioni e alle situazioni settiche non prontamente e adeguatamente riconosciute. La sindrome da malassorbimento della quale è, e ormai sarà per sempre affetto AL è da ricondurre soprattutto alle ripetute resezioni intestinali eseguite che come detto trovano concausali antecedenti comportamenti sanitari censurabili che, oltre al danno biologico permanente, hanno causato un danno morale ben più alto della media di danni permanenti consimili, derivante dall’imbarazzo e dalla sofferenza interiore di dovere indossare permanentemente una stomia”.
Viste le risultanze della perizia medico legale, il nostro Studio Legale ha ottenuto un accordo transattivo che si è concluso in maniera positiva con il riconoscimento a favore di AL della somma di euro 240.000,00.